giovedì 18 luglio 2013


GRAZIE
 
 
 
                   Qualche tempo fa, ho scoperto una meravigliosa favola. Quando l’ho letta per prima volta, sono rimasto perplesso, perché ho pensato che l’autore l’aveva scritta soltanto per me.

Mi sono immaginato guardando il mare, vedendo che le onde mi portavano una lettera in bottiglia e quando cominciavo a leggerla, la prima riga diceva: “Caro Santiago:”

Non sarebbe sorprendente un fatto cosi?

Per uno scrittore dilettante, che di tanto in tanto racconta storie in uno scarso italiano, è una sfida non esenta di conseguenze.

Certamente, la maggior parte dei commenti e lode da quelli che hanno seguito le mie pubblicazioni sono da amici e parenti, che lontano di osservare la formalità del linguaggio, si hanno concentrato nelle riflessioni del discorso e loro contenuto sentimentale.

Anche, sapendo che tra questi cari lettori ci sono professionisti della lingua del Dante, ho notato che loro non mi hanno mai sottolineato neanche un errore grammaticale e quest’atteggiamento mi ha attirato fortemente l’attenzione.

Nell’insieme delle varie cause di questo comportamento, la mia sciocca ignoranza ha interpretato il silenzio degli eruditi come una approvazione; “se si sente soltanto applausi e nessuno mi ha segnalato al meno un errore, allora, è tutto a posto, mi dissi, incoraggiandomi”.

In questi ultimi anni, ho pubblicato parecchie storie in “spagnitaliano”, Oggi gli scrivo con molto meno errori che prima e con l’intima convinzione che non potrò mai scrivere come un italiano nativo, ma, con la gioia di aver potuto “saltare il fosso”.

 

La rana sorda.

Due rane mentre viaggiavano attraverso la foresta caddero in un fosso e quando le altre rane videro quanto profonda era la buca, affacciandosi al bordo, cominciarono a dire loro che non ce l’avrebbero mai fatta a risalire.

Una delle due, dopo aver tentato di uscire a grandi salti, si rassegnò, e dando per certa la predizione delle compagne, si lasciò andare e morì. La seconda invece continuava a saltare più in alto che poteva.

Le altre rane ricominciarono a urlare di smettere di lottare invano e di lasciarsi morire. Proprio allora la rana raccolse tutte le sue energie e riuscì a fare quel salto che la portò fuori dal fosso.

Quando le compagne le chiesero come avesse fatto a non arrendersi, lei spiegò che era sorda. Per tutto il tempo aveva creduto che la stessero incoraggiando. Autore anonimo.

venerdì 23 novembre 2012

AVVENTURA NEL COSMOS

1.-
                     Un brivido invase il mio corpo e malgrado non sapevo dove stavo, presagivo che ero arrivato in un altro mondo, ad una  galassia lontana.
Ricordo che in quel momento mi sentivo diverso, totalmente confuso e mentre mi annegavo nel pianto, una mano prese la mia e stringendomela  contro il suo petto mi disse: figlio mio, non avere paura, io sono qui per guidarti e segnalarti il tuo cammino.
Ero totalmente disorientato, e non sospettavo che deambulavo in uno scenario cosmico molto regolato e totalmente diverso dal quale provenivo.
Dopo un tempo, mi resi conto, che quelli che visitano quest’enorme corpo localizzato nel Braccio d’Orione, nell’interno della medesima Via Lattea, non hanno scelta di negoziare niente con nessuno; tutto è dittatorialmente scritto per quei conquistatori antichi, forse, gli stessi che lo avessero costruito.
In lui, le regole si prendono, ma no si possono ignorare, sotto pena di essere represso severamente, perché, in questo mondo, non esiste la pietà.
2-
A dire il vero, poca cosa potevo pensare e  nemmeno ragionare, perché in quel momento il più importante era la sopravvivenza, perché  altri temi mi distrarrei di questo obiettivo quando cominciai avere sintomi strani e inspiegabili  e  tale come era stabilito, nonostante essere stato appena un attimo come residente, dovevo sopportare una delle più inesorabile penurie  che sono sottomessi tutti gli esseri viventi : la sindrome della necessità.
Questa sindrome, la cominciai a conoscere, durante la mia ricezione, quando mi obbligarono ad aspirare la mia prima boccata d’ossigeno; allora, senza dubbio capii, che a partire da quel momento, ero schiavizzato  per sempre da questo bisogno e da tanti altri che arriverebbero d’immediato.
Le necessità, stanno cosi tanto radicati nella natura di questi individui, che non solo devono compiere con quelli elementari che imporre la sua esistenza, ma anche loro in maniera additiva, vanno creando ingenti quantità di nuovi modi di mancanze, affogandosi  in un vero delirio di consumo.
Senz’altro, non mancarono pensatori, che  cercando una spiegazione a questa condotta , attribuirono questa pena innata all’eredità lasciata per il primo paio d’abitanti di questo suolo, al parere, dovuto ad un comportamento peccaminoso tra loro.
Lasciando da parte  interpretazioni mistiche, nessuno può lasciare d’utilizzare quest’enorme inventario di cose  e tale come lo verificassi nel trascorso del tempo, la sindrome della necessità ha caratteristiche ambivalenti, perché, non solo è  il motore della evoluzione di tutti gli abitanti, ma anche , partecipa della sua autodistruzione.
Nonostante  la rigidezza dei regolamenti, mi aspettavano con grandi festeggi, come se io fosse un principe, un aspettato principe per quegli  strani esseri che lo abitano.
Tanto insistevano con gli omaggi e regali, che mi convinsero che veramente io ero un essere straordinario, pero a traverso del tempo,  vidi, che questi festeggiamenti furono lentamente decadendo fino ad essere ignorato per completo.
Dato che fino a quel momento io non conoscevo il comportamento sociale di ricevere agli appena arrivati in questa maniera, con  frustrazione, ho dovuto accettare l’indifferenza di tutti, tranne, pochi individui, che non so perché, continuavano guardandomi come un vero principe.
3.-
Da un principio mi sentivo circondato da un mezzo leggero e scoprii che potevo muovere le  mie estremità con facilità, ciò che m’incoraggiò avviarmi in quel terreno sconosciuto,  dove una forza inspiegabile mi stringeva contro la superficie del pavimento.
Questo, dal principio mi angosciava molto, ma dopo che mi adattassi a questa realtà, la giustificai,  pensando che questo meccanismo, l’abbiano fatto deliberatamente con lo scopo di  impedire che i suoi abitanti, facendo un salto accidentale, per piccolo che fosse, si lanciassero involontariamente allo spazio interstellare.
Anzi, queste riflessioni arrivarono al punto di essere rimasto di stucco, quando anche capii, che per questa misteriosa forza,  tutti gli atomi del mio corpo erano predestinati a rimanere per sempre in questa massa stellare.
4.-
Un bel giorno, mi portarono in una stanza, dove si  potevano vedere le pareti decorate con disegni di fiori, farfalle e cuccioli di cervi sopra uno sfondo blu, dunque, questo posto era il cosiddetto “salottino blu”.
Il primo giorno fu molto traumatico, perché credevo che mi abbandonavano e non avrei potuto mai più vedere alla mia fata buona, malgrado ciò, quando osservai che non ero da solo in quel posto, gia che c’erano molti creature come me.
Questa situazione mi spinge  a un nuovo apprendimento ed a una grande rivelazione:  essere in comunità è veramente  riconfortante, ma, dopo di avere creduto che io ero l’unico principe che esistesse, mi sono sentito confuso vedendo agli altri simile a me, presso al quale, mi  resisteva accettare l’idea di essere uno in più, pero, nonostante questo conflitto , per prima volta scoprivo quanto meraviglioso è avere amici.
Ritornando al primo giorno, mai dimenticherò quando venivano a cercarmi; non si stancavano di illuminarmi con luccichii che uscivano da un piccolo apparecchio che avvicinavano a suoi occhi.
Il tempo andava passando  e anche questo periodo finì. Gia me lo avevano anticipato;  c’era  in avanti un altro impegno che compiere e questo ritornava ad inquietarmi.
Allora, con ingenuità mi sono domandato: e dopo di questo, cosa mi accadrà?  
Non immaginavo mai, che questa domanda me  la farei tutta la vita.
A quell’epoca, gia avevo cresciuto abbastanza  e m’immaginavo come un adulto, quando invece ero un piccolino fra quelli giovani che a me, sembravano gente molto matura.                     
Ricordo con dettagli  il giorno della prima entrata a questo “nuovo impegno” che mi hanno incaricato, perché m’indossarono una camicia bianca e si congedarono di me con molta emozione.  
Istintivamente cercai di spostarmi per un sentiero, che al parere era previsto per gli ospiti come me, dove si poteva vedere un piccolo cartellino con una freccia e il disegno di una donna parlando a piena voce con una squadra in una mano e una matita nell’altra.
5.-
All’istante capii che questo sentiero potrebbe portarmi ad un posto dove si insegnano tutti i segni che mi permetterebbero imparare il codice con il quale si capiscono questi esseri fra se stessi.
Arrivando ad un enorme cortile, vidi molti piccolini come me e dei pochi adulti che li accudivano; subitamente mi resi conto che mi guardavano con curiosità, ma il più sorprendente fu vedere che tutti, come me stesso,  indossavano camici bianchi.
Non era la prima volta che avevo visto esseri con questi indumenti, perché  era precisamente la roba delle creature che mi hanno ricevuto all’arrivare, e fino a  qui, immaginavo sbagliatamente che queste vesti erano le uniformi che portano i diplomatici. Ammetto che non fu per niente facile capire a questi individui, ma al poco tempo mi sono sentito meravigliato al  vedere apparecchi che  somigliavano a finestre mostrando immagini luminose con suono e informazione sul qualsiasi tema della conoscenza esistente in questo corpo celeste. 
6.-
Dopo mi spostarono ad un altro posto, dove mi dicevano che doveva  studiare  un’altra volta lo stesso che prima, ma, più approfonditamente.
Con ingenuità mi sono domandato: perché si deve sapere cosi tanto per stare in questo pianeta? . Cominciava da questa maniera, un periodo molto difficile per me.
L’angoscio dello studio, le decine di materie diverse, una professoressa indietro ad  un’altra, gli esami, tutto questo mi faceva impazzire e nemmeno mi lasciava tempo per ascoltare rock and roll...
Ricordo ad  una professoressa di matematica che ci aveva dato l’enunciato del teorema de Talete e ci disse: a tutti quelli che  lo risolvano in questa ora di lezione,  gli metterò ottimo con lode nel  voto!  
Non so perché, ma,  questo di dimostrare la veracità de cose che sembravano evidenti, sempre mi affascinarono e nonostante avere messo tutto il mio impegno, quel giorno, soltanto ho avuto la  frustrazione del fallimento per risolvere questo teorema.
Come conseguenza di quest’esperienza, mi sono sentito un negato in matematica, fino a che mi resi conto che i saggi hanno richiesto molti secoli per risolverlo.
Fu quando, per prima volta, capii che nel futuro, dovevo proteggere la mia vocazione di certi insegnanti che la potrebbero spegnere.
Fare un aquilone e volarlo era per me la più bella diversione e in questo gioco io ero diventato un vero campione; mi domandai  perché potevano volare e in questo modo cominciavo ad essere un entusiasta della fisica.
Volare e cosa meravigliosa,  e non sapevo che io stesso lo facessi nell’ultimo pezzo della mia vita, quando scrivesse alcuni racconti.
7.-
Dopo questo ciclo, mi hanno convinto che io potrei integrarmi alla loro comunità, ma perciò,  dovrei dominare alcune delle scienze o arti che si praticano in questa galassia.
Fu in questa permanenza, dove cominciai a prendere contato con altri ospiti, perché era abitudine in quest’enorme satellite stellare, integrarli in gruppi di simile vocazione professionale.
Precisamene in questo periodo, ho avuto une delle esperienze più emozionanti, perché in questo posto ho vissuto un  incontro con un altro essere, che come me, esplorava   questo pianeta.
Stava di fianco a me, seduta nella bellissima gradinata di un recinto, nominato “Aula Magna”dove guardando in avanti si vedeva  due  enormi tabelloni verdi, uno sopra, vicino al soffitto e l’altro immediatamente sotto il primo, i  quali,  potevano intercambiare la loro posizione per mezzo di  un dispositivo meccanico. Tale come io lo vedessi dopo, questi due enormi tavole, erano usati per i cattedratici per scrivere tutto quello che vanno spiegando per mezzo di un piccolo sasso bianco e un fèltro incollato ad un pezzo di legno per cancellare ed fare posto per tantissimi formule...
Guardando verso  sinistra, si distingueva  un podio di quercia scolpito con figure allegoriche. Più avanti, pure, c’era  un’enorme  predella con tre sedie tappezzate di cuoio che contribuivano dare a questo luogo un’atmosfera di maestosità e rispetto.
Immediatamente arrivò il Gran Maestro addossando una toga nera e senza cerimonia alcuna, prese il suo posto nel podio, intanto che con il suo sguardo, attraversava  tutto l’uditorio.
Si fece un gran silenzio mentre si aspettavano le prime parole dell’anziano.
Cominciò dicendo: senza eccezione e per quest’unica volta, parlerò di Dio, perché qua, v’insegneremo ad esseri scientifici e in conseguenza voi imparerete come accadono le cose.
Coloro che vogliono sapere perché accadono le cose, sono seduti nel posto sbagliato e pertanto li invito abbandonare i loro sedili e andare al Seminario Universale di Metafisica.
Nessuno si mosse da loro posto e dopo di un breve silenzio il maestro continuo:
Dovrete sapere che Dio e la propria sintesi dell’esistenza, è l’ente onnipotente che c’è in  tutte le parte, non solo in questo pianeta, ma anche nel proprio universo e tutto lo spazio interstellare è assolutamente retto per Lui.
Per il momento, diceva mentre scriveva nell’enorme tabellone, noi gli assegneremo  un simbolo per identificarlo nelle formule matematiche che andremo ad svolgere, ma, a partire d’ora, lo chiamerete con reverenza per il suo nome proprio: Cioè Il Tempo (T), e sempre quando ci riferiamo a Lui, dobbiamo inclinarci come segno di sottomissione.
8.-
Finita quest’indimenticabile lezione e senza saperlo, stavamo uscendo io e la mia compagna di banco,  presi per mano. Questa fu la prima volta che ho avuto la sensazione che il mio corpo si bruciava e qualcosa nel mio petto  si moveva freneticamente; cominciava cosi, un rapporto che durassi quasi cinquanta dei calendari usati in questo angolo dell’universo. 
Le lezioni continuarono definendo altri concetti molto profondi  e sebbene queste definizioni sorgono da basi scientifiche, i filosofi sono stati molto interessati in loro, chiamandole Il  Mistero della Suprema Trilogia: Tempo, Materia ed Energia.
Il Gran Maestro spiegò con formule matematiche ed esempi pratici, che potrebbe avere assenza di materia od energia, pero mai assenza de Il Tempo, cioè di Dio.
Da tanti anni e dopo che gli scientifici scoprissero che materia ed energia sono espressioni fisiche che significano il medesimo concetto, loro sono riusciti a  trasformare la materia in energia, ma, ancora stanno lottano per farlo alla rovescia, vale a dire, ripetere l’origine di tutta la esistenza materiale.
In uno di questi corsi, mi spaventai ascoltare, che in un paio d’occasioni della sua istoria, quella trasformazione della  materia in energia polverizzò a miliardi di abitanti di questo pianeta.
9.-
Il rapporto con la mia compagna di banco ha avuto meravigliose conseguenze, perché abbiamo scoperto che eravamo capaci d’amare e procreare.
Queste proprietà che per me erano venute un po’ nuove e sconosciute, non sapevo che erano nascoste nell’interno della programmazione a che sono sottomessi tutti gli esseri che calpestano in quest’enorme sfera e che io sicuramente ho dovuto accettare durante la mia procedura d’ammissione.
Trattando di spiegare queste cose, sono arrivato alla conclusione,  che tutte le specie autonome che abitano in questo suolo, nascono con l’unico obiettivo di trasmettere la loro ingegneria ai suoi discendenti, come se questo codice conosciuto in questa parte della galassia come AND  fosse l’attore più rilevante del sistema, essendo poco importante il suo portatore.
Questo codice, al parere, è l’unico ente chi perdura, in contrapposizione a quello che lo porta, che è di vita effimera, benché,  si sa perfettamente che questo disegno scritto in linguaggio di programmazione biochimico, cambia lentamente con l’aggiornamento che impone Il Tempo.
10.-
Tutta questa storia, coinvolge che, per l’Amministrazione Sociale, qualsiasi essere, nel contesto collettivo,  ha una importanza minore e chi vuole seguire vivendo, deve versare un contributo, abbia o non trasmesso la informazione contenuta  in questo benedetto acido desossiribonucleico (DNA).
Questo apporto obbligatorio si può realizzare in vari campi; il mare, la foresta, il deserto, i ghiacci eterni, la steppa, l’urbe o in alcuna stazione spaziale.
Ogni uno sceglie lo scenario dove compiere con quest’obbligo pubblico e io, forse perché provenivo da un mezzo acquoso, scelsi il mare, in modo che, quasi senza saperlo mi allontanai dalla costa verso un orizzonte che mai ho potuto raggiungere.
La nave dove ogni uno s’imbarca non è un dono, ci vuole costruirla allo stesso tempo che si naviga e in queste condizioni la traversata non e cosa facile.
Tra remata e remata, c’è bisogno di mettere uno ad uno i pezzi di una barca che pian piano s’ingrandisce, fino a che arriva il giorno che l’Amministrazione Sociale ci comanda  approdare nel  porto d’origine.
Dopo percorrere un paio di mari, un repentino buio accompagnato per venti da uragano mi ha fatto sentire paura di naufragio.
Le onde facevano un rumore assordante allo sbattere contro il bordo e l’acqua allagava tutta la nave.
I miei equipaggi, che non erano altri che la mia compagna di banco e la prole, si afferravano validamente dall’albero maestro per non cadere al mare.
Alla fine, la bufera cessò e la calma ritornò alla barca.
Questa fu la principale tempesta che abbiamo vissuto, semplicemente, perché fu la prima.
Dopo questo grande spavento, abbiamo sopportato tantissimi rovesci, ma Il Tempo ci aiuterebbe a fronteggiarli e sapere come sopravvivere le avversità.
Dopo una lunga navigazione e lottare parecchie volte contro l’infuriato clima e le feroci creature del mare, e tale come avevo detto,  arriva il momento dove l’Amministrazione Sociale ci costringe a gettare l’ancora nel porto dove siamo partiti la prima volta.
Di solito questo succede quando la nave comincia a farsi troppo grande e noi altri due, ci siamo andati a riposare ad un posto più tranquillo, in un suolo più fermo e sicuro.
Ho detto entrambi, perché la prole, ci hanno lasciato per ripetere il processo della procreazione, nello stesso modo che lo fanno tutti gli esseri di questo corpo celeste.
Per noi cominciò la fase di maggiore tranquillità, senza le preoccupazioni del contributo pubblico e la competitività.
Erano tempi di serenità e mi sentivo come un principe, uguale come se io fosse un appena arrivato, pero adesso, con più saggezza.
Pero, qui ci sono cose che non si parlano o si parlano poco, perché tutto il mondo fugge ai grandi cambiamenti; è il momento nel quale Il Tempo taglia i permessi di soggiorno e obbliga agli ospiti ritornare al  suo posto d’origine.
11.-
Veramente, questo l’ho potuto comprovare per me stesso, quando Il Tempo, duramente, spinse fuori del pianeta alla mia compagna di strada.
La solitudine e cosa più profonda che essere da solo e a  questo punto della mia esistenza,  perdevo  quello che io più volevo e com’è di solito, nel momento che più la richiedeva.
Per me, era arrivata l’occasione delle grandi riflessioni, perché in questo pianeta tutti quelli che hanno compiuto con la fase competitiva, adesso entrano nella recessione produttiva,  è il periodo della spiritualità, delle arti, la meditazione, l’amicizia e tutto quello che si può fare quando non c’è l’obbligo di produrre e dimostrare le abilità acquistate.
Certo giorno, in une delle lunghe camminate per le strade della mia città,  percorrendo i sentieri pieni d’alberi in fiore, sentii che un brivido si addossava al mio corpo.
Questo brivido io lo conoscevo, perché gia lo avevo sentito quando fu lanciato a questo pianeta e ora ritorno a sentirlo, pero con una gran differenza;  adesso vedevo che la sindrome della necessità se n’andava, sentendomi libero da quest’atroce carica.
Con serenità, mi sono accorto che ero un’altra volta in viaggio; in viaggio al mio posto d’origine.
12. –
All’improvviso, una nebbia mi avvolse totalmente e mentre pian piano questa si spariva,  cominciai a vedere visi, visi di gente conosciuta che mi guardavano attoniti, ma era una che facendosi larga tra la folla, avvicinandosi emozionata mi disse:
Figlio mio, tu qui? – Dove sei stato!
Io abbracciandola le ho detto: mamma! Sono stato in un pianeta del sistema solare, vivendo una grand’avventura; l’avventura della vita!

Dedicato a due donne, Santiago
dicembre 2011

giovedì 9 agosto 2012

AMARE É IMPARARE LA LINGUA DELL'ALTRO


                    
                   Come tutti quelli che abbiamo imparato qualche lingua straniera, oltre la materna, sappiamo quanto difficile è scrivere in un idioma che non è il proprio, soprattutto, quando quello che vogliamo esprimere sono sentimenti.
In quest’intento si transita sull’orlo del grottesco e soltanto con molto sforzo e dedicazione si è in condizione di riflettere le prime idee e di solito quando si esamina quello che abbiamo scritto, ci decidiamo riscrivere tutto, perché è molto probabile che non stiamo dicendo esattamente quello che volessimo dire.
Non solo scrivere in un’altra lingua e una sfida; anche leggere ha la stessa difficoltà. Ogni idioma ha scrittori d’antologia, paradigmatici e frugare nelle loro lettere e un’avventura che pochi potrebbero osare.
A questo punto è, dove si comincia ad apprezzare in quale misura si sa sul proprio linguaggio e quanto poco sull’altro!
A dire il vero, non è preciso essere un erudito nella propria lingua e perfino potremmo anche essere dilettanti  nell’altra per arrischiarsi a dire semplici cose,  pero profondi, come per esempio quelle dette nella piuma napoletana di Lucio Dalla in Caruso; “te voglio bene assai, ma tanto tanto bene sai...*”, pero, certamente c’é bisogno di salire un ponte molto difficile da  attraversare per dire certe cose, oltre la lingua.
Stimati amici; non  vi è successo, che quando volete comunicarvi con altra persona, specialmente si è amata, ogni uno ha un linguaggio proprio?
Amare è imparare la lingua dell’altro e nonostante le parole e la grammatica potrebbero essere uguale per entrambi, ci vuole lo stesso sforzo intellettuale e  linguistico dal quale stiamo parlando, voglio dire che, ci vuole usare il linguaggio del altro, per niente  il proprio, se vogliamo entrare nel suo cuore ed essere capiti bene. Santiago

venerdì 2 marzo 2012

LA PROFESSORESSA

                   A quel tempo, ero in terza elementare e noi bambini, nella scuola avevamo lezioni di musica e canto.
Mi ricordo, che nell’aula di musica, ci trovavamo  in piede sopra quattro ampi gradini, dove gli allievi eravamo disposti come in  un coro; era il posto preferito dal fotografo per farci il ritratto  annuale.
Il pianoforte era sul lato destro, accanto alla bandiera di cerimonie e la professoressa  di musica, mentre premeva nervosamente  i tasti a fondo, dondolava la  testa movendo i suoi capelli,  da una parte all’altra, sempre spettinati,  segnando il ritmo della melodia.
In una delle molte opportunità a queste lezioni, i bambini sono stati riuniti soltanto per cantare una bellissima canzone patriottica, cioè, L’Aurora.
Ad un certo punto della musica, l'insegnante disse;  per piacere, la gallina che canta può stare zitta?  --intanto guardava a miei occhi con rabbia--.

Certi momenti della mia vita, io non li dimenticherò mai più.

Quello che ha detto la docente, era coerènte con la mia voce, che veramente suonava stonato, ma, quelle parole dell’insegnante,  penetrarono così profondamente nella mia personalità, che non ho provato mai a cantare, nonostante, sempre ho avuto il desiderio di farlo.
Per fortuna, il destino ha voluto che dopo 60 anni, in un corso di lingua italiana, la professoressa ci chiese di compito a scrivere una "lettera ad un amico”* .
Più tardi, quando l'insegnante corresse tutti i lavori, compreso il mio, mi ha detto;  la tua lettera mi ha toccato e mi ha fatto piangere.
Per quest’incoraggiamento, oggi scrivo racconti in italiano, forse, con molti errori grammaticali e con  timidezza verso tutti i miei sentimenti, tale e quale mi vengono al cuore e con questi pensamenti, trasmetto le mie emozioni ad un mucchio de amici che condividono insieme a me,  sorrisi e lacrime.

Grazie professoressa, questo momento, neppure, io non lo dimenticherò mai più.

Santiago, Febbraio 2012

Dedicato alla  professoressa della Dante Alighieri, Sig.ra  L. D.

Voi leggere il piccolo racconto “Lettera ad un amico”? Fai clic su:

sabato 13 novembre 2010

INTERVISTA AD UN GIORNALISTA

Stavo viaggiando in autobus, quando mi attirò l’attenzione una  persona seduta accanto a me, di fianco alla finestra. Era un uomo già maturo, molto elegante e con un paio di libri in mano.  Quello che mi ha sorpreso, fu che apriva uno dei libri, lo leggeva un po' e dopo lo chiudeva e questa maniera strana di maneggiare il libro si ripeteva  spesso durante una gran  parte del viaggio.
Dopo si tolse gli occhiali,  li pulì  e mentre io lo guardavo di sottecchi,  vidi che con molto dissimulo si asciugò gli occhi come se loro fossero bagnati.
Rivolgendomi a lui,  e tanto per avviare una conversazione  le ho detto:

La lettura le stancano gli occhi, vero?

No.  Leggo un minuto e rifletto tre. Questo lo faccio da vecchio perché da giovane ero un esperto in lettura veloce. Il mio mestiere mi costringeva   a leggere migliaia  di parole al giorno.

Qual era il suo mestiere? certamente... se non le dispiace la mia domanda...

Per niente, non mi fastidio mai con domande che  hanno una risposta.
Nel corso della mia vita sono stato un giornalista, ma ormai sono  elettronico dilettante.
Facevo il giornalista politico e avevo una rubrica settimanale in Notizie Nazionali.

Immagino che il vostro mestiere le ha fatto conoscere l’intimità del potere in Argentina!

Sì, ho personalmente conosciuto  tutti i presidenti dell'Argentina e politici degli ultimi 50 anni ed ho nel mio avere almeno 2000 incontri e conferenze  in cui sono stati  gli ospiti e  politici più cospicui dal momento.

Cosa ne pensi dal crescente uso da alcuni tifosi di calcio come truppe d'assalto?

Alcune persone credono che i politici nell'esercizio del potere fanno  tutto come i monaci;  con intelligenza e  sopratutto con  molta  persuasione.
In realtà, la maggioranza dei politici con il tempo diventano capo mafia,   non gestiscono  persone, lavoratori, imprenditori, sindacati e lo sport stesso, senza avere a disposizione  la forza bruta.
Il solo pensarlo mi fa male;  non conosco nessun presidente dello stato che non ha avuto al suo comando delinquenti ed assassini.

Ora cosa fa?

Fondamentalmente cerco di ricostruire la mia vita. Lo posso fare perché  vivo da solo  e mi accontento con quel poco che ho.

Se le dispiace me lo dica per favore, non voglio intromettermi nella sua intimità... quando fa riferimento a ricostruire la sua vita ...  cosa significa per un uomo come  Lei, già fatto?

Beh, ci sono cose che sono ancora in sospeso e queste sono quelle che cerco di fare adesso.

Che cose in particolare?

Per una persona interessata, curiosa,  saranno sempre scopi che sono incompleti e non potrà mai fare, perché sempre si arriva ad un limite. Inoltre,  la vita stessa con il suo rigore inesorabile mette fine a molte cose.

Scusi, non voglio essere insistente.  Per esempio, cosa taglia la vita?

Sarebbe molto ingiusto parlare di quello che taglia la vita  senza dire ciò che dà, ma,  per rispondere alla sua domanda,  quello che mi manca di più è la mia famiglia, per piacere, intendiamoci bene:  voglio dire donna e bambini vivendo tutti  assieme a casa mia, perché per fortuna,  la famiglia nel senso più ampio del termine,  ce l’ho.

Questo succede a tutti, non credo che Lei sarebbe l'eccezione...

Si, Lei mi ha chiesto e io le ho risposto, senza importarmi se questo succede a tutti o no.

Mi scusi se invado la sua intimità, ma,  se non ricordo male,  Lei ha detto che vive da solo ... Lei non ha un'amicizia...una coppia?

Non ancora, ma ho il desiderio d’averla. E 'sempre bello amare ed essere amato da qualcuno e questo vale per qualsiasi età e sesso.

Parlando d'età, è facile avere una coppia con certi  anni? - La prego di capirmi ... non cerco di offenderla per niente.

No, è molto difficile, si è molto autocritico e anche questo può essere visualizzato in modo critico da altri.

Chi sono questi altri?

Sono quelli che non ci stanno quando si piange da solo, sono quelli che non ci stanno quando la Domenica pomeriggio si sente soffocamento nel cuore, sono quelli che non ci stanno quando il silenzio rompe i timpani, sono quelli che non ci stanno quando nella notte di improvviso viene l'insonnia,  sono quelli che non ci stanno quando i ricordi ci fanno perdere il respiro, sono proprio quelli che non ci stanno,  le persone che pensano che la  l’unica possibilità  per la gente matura è sopravivere,  ma non vivere...

Qual è stata la peggiore perdita?

Mia moglie, ma è già successo...

Il nostro discorso è interessante, ma Lei dove scende?

Vedo gente sul bus che va tutto il tempo guardando le locandine nei punti d’incrocio per sapere dove scendere, invece io,  ho delegato tale compito a "qualcuno" che sa dove devo scendere.  Aspetto fino a quando il conducente mi dica che è arrivato alla destinazione finale  e scendo zitto.
Non tutti vanno  al capolinea, la maggioranza  deve scendere nel punto preciso,  detto destino.

Allora sei uno che crede nel destino.

Certamente, credo che tutto e fatalmente scritto, ma il destino non è n’altra cosa che il presente in quel momento. Per quello mi  occupo del  presente  e aspetto il futuro serenamente.
 
Una voce che viene dal conducente dice;  Via Umberto Primo! ... il  passeggero che indossa la giacca grigia, deve scendere la prossima fermata ...

L'uomo si alzò in piedi e senza chiedere permesso, fece un gesto per  andare fuori dal sedile. Mi guardò e disse:

Sempre è  cosi, giusto quando si arriva,  il viaggio sembra corto...  e io senza demandarle cosa fa nella sua vita...

Non si preoccupi... Io già  ho perso la mia fermata tempo fa, e ormai il mio biglietto è scaduto... in poche parole sto viaggiando gratis.

Si apriva la porta d'uscita del bus quando gridando gli ho detto:
Prima ero impegnato nel campo dell'elettronica, adesso sono un giornalista dilettante!

Santiago, 7 novembre. 2010

Si accettano di cuore correzioni grammaticali da lettori amanti della lingua italiana.  Per farlo prego scrivere  a    svdr2004@gmail.com od impiegando la scelta “commenti” sullo stesso blog.   Grazie mille!